Materie prime: Inflazione dei prezzi post-pandemia. Come mai?
L’aumento del consumo ha portato alcuni problemi nel mercato delle materie prime, cioè l’ Inflazione dei prezzi post-pandemia.
Indice dei contenuti:
1) Lo “shortage” delle risorse post-pandemia
La situazione pandemica mondiale e la ripresa del settore industriale degli ultimi mesi stanno mettendo in crisi le varie catene produttive in diversi settori a causa della mancanza sul mercato di materie prime e del conseguente innalzamento dei prezzi delle stesse. Può sembrare anti-sonante, ma la causa principale di questa crisi è la ripresa economica troppo repentina. Questo sbilanciamento è dovuto soprattutto al mercato americano, il quale in un paio di mesi è ritornato ai volumi commerciali pre-pandemici. I consumatori americani, infatti, hanno avuto l’occasione di risparmiare soldi che in altre situazioni avrebbero speso, e conseguentemente, l’andamento positivo dei vaccini e un progressivo ritorno alla normalità hanno spinto il popolo americano a tonare ai suoi standard di consumo.
Tra le materie prime maggiormente affette da questa inflazione di prezzi ci sono: il legname, il rame, l’acciaio, il grano, il mais e il caffè, ma anche semiconduttori, plastica e cartone per imballaggi, come e’ visibile nei grafici sottostanti riportati da Skytg24.
Ci sono molteplici ragioni che spiegano e giustificano l’aumento vertiginoso di questi prezzi: in primis, le aziende a capo della catena produttiva, contrariamente a quanto fatto nell’ultimo anno in cui cercavano di mantenere le riserve di magazzino al minimo per paura di nuovi lockdown e restrizioni commerciali, stanno cercando di acquistare in massa materiali per tenere il passo della crescita della domanda. In secondo luogo, la Cina, produttrice di gran parte di materie prime e componenti fondamentali per processi produttivi, continua a tener chiusi i confini statali, causando un aumento dei prezzi dei container, quasi raddoppiato da novembre ad oggi, legato alla scarsità del numero degli stessi rispetto a quelli richiesti. Per quanto riguarda legname, acciaio e rame, il boom del settore immobiliare negli Stati Uniti ne è la principale causa.
2) Esempi dell’aumento dei costi nel mondo
Un esempio semplice e banale che permette di capire la situazione mondiale in questo momento è la produzione e la vendita della Play Station 5 uscita a metà novembre 2020. Moltissime console in giro per il mondo sono state vendute a prezzi folli a causa della ristretta produzione che la casa madre ha dovuto programmare per la mancanza di semiconduttori e altri componenti fondamentali per l’installazione. Questo ha causato un’inflazione vertiginosa del prezzo, costringendo molti consumatori appassionati a comprarla a prezzi folli a resell. Altri esempi sono quelli della diminuzione di produzione di carta igienica legata alla scarsità di materie prime e alle difficoltà logistiche per l’approvvigionamento delle stesse. Il prezzo del caffè per gli stessi motivi e anche a causa di una situazione pandemica grave in Sud America, ha subito un rialzo del 25%. Infine, altri due settori affetti maggiormente da questa crisi mondiale sono quelli dell’automotive e degli elettrodomestici. Le case automobilistiche hanno dovuto riprogrammare la catena produttiva per non far si che l’intero processo si fermasse a causa di mancanze di semiconduttori e materie prime fondamentali come litio e cobalto.
Le aziende di elettrodomestici, invece, sono affette dal ritardo nelle consegne di chip, i quali hanno causato il ritardo del lancio di nuovi prodotti. Come evidenziato da Bloomberg, già molti fondi ETF posseduti da grandi holding americane, stanno seguendo la tendenza e l’evoluzione dei prezzi legato alle materie prime investendo per cercare di cavalcare il boom del momento. I fondi ETF stanno portando un’alta quantità di denaro così come accaduto un anno fa, durante il quale gli investimenti erano focalizzati sul tecnologico e il digitale.
Questa tendenza è semplicemente spiegata dal fatto che gli ETFs guadagnano nel periodo di inflazione dei prezzi dei beni che detengono in quel periodo. Un chiaro esempio è la società di investimenti, Invesco, la quale vede in positivo nove dei dieci investimenti effettuati sulle materie prime quotate negli Stati Uniti, portando l’azienda al nuovo record di patrimonio intorno ai 10 miliardi di dollari di assets posseduti.
Potrebbe essere una strategia di recupero di questi materiali una soluzione a questo “shortage” e il conseguente aumento dei prezzi? Dicci la tua nei commenti qui sotto e non perderti l’articolo “Moda e Sostenibilità ambientale” su SuitUpBlog 🙂
Articolo redatto in collaborazione con l’amico Marco Musso!