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Le cryptocurrency sono ormai un asset nel quale molti hanno deciso di investire, tuttavia in pochi hanno messo in conto che è necessario pagare le tasse su tali monete virtuali. Vediamo in questo articolo come farlo!

1) In Italia sulle Crypto si pagano le Tasse?


In questi ultimi anni, molti investitore e amanti delle crypto hanno iniziato ad investire con capitali più o meno importanti in Bitcoin e in tutte le altre cryptocurrency attualmente sul mercato ottenendo, in alcuni casi, anche ottimi ritorni e performance da capogiro. Tuttavia, molti traider e investitori non avevano messo in conto il problema delle tasse sulle crypto ed è proprio qui che nascono le prime difficoltà.
Infatti, fin tanto che le crypto avevano un valore di pochi dollari naturalmente tale necessità non era all’ordine del giorno, ma quando il sogno di Satoshi Nakamoto ha cominciato a prendere forma e dunque il valore del bitcoin e delle altre cypto ha iniziato a crescere, l’ipotesi di doversi confrontare con il Fisco è diventata una certezza. Ed oggi chi ne è possessore sa che non può più sfuggire alla questione: ma in Italia sulle crypto si pagano le tasse?

La verità è che la risposta a questa domanda non è affatto scontata. Diciamo subito che esiste una grande incertezza normativa in quanto le criptovalute sono a-territoriali (infatti sono digitali) e questo fa venire meno uno dei principi su cui si basa l’imposizione fiscale, la territorialità, cioè il concetto che “l’imposizione fiscale si basa sulla residenza di chi produce reddito”. Dunque, com’è facile intuire da qui si viene a creare il buco normativo vigente per il pagamento delle tasse sulle cryptocurrency.

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I massimi esperti di fiscalità italiana hanno tutti una medesima visione a tal proposito, e cioè che secondo alcune circolari dell’Agenzia delle Entrate le criptovalute vengono inquadrate come valuta estera, pertanto l’obbligo di dichiararle, ai fini del monitoraggio, dovrebbe scattare se si detiene più di 15mila euro di controvalore in crypto, mentre la cifra oltre la quale si devono pagare le imposte sui redditi Irpef dovrebbe scattare al superamento di 51mila euro circa di controvalore, detenuti per più di 7 giorni lavorativi continuativi durante l’anno fiscale in un qualsiasi exchange di criptovalute, e l’imposizione fiscale sulle plusvalenze sarebbe del 26%. Di certo però, al più presto è attesa una disciplina ad hoc per tali monete virtuali che metta un punto rispetto alla normativa attuale ancora poco chiara.

2) La posizione del Fisco italiano    


Non è ancora definito per il fisco italiano se la tassazione vada applicata anche in caso di prelievi dai wallet
e quale definizione di prelievo assuma rilevanza. Non è chiaro inoltre se debbano essere tassate le operazioni cripto-to-cripto in cui il guadagno non si tramuta in valuta avente corso legale (es. Euro), ma rimanga appunto in crypto. Secondo alcuni, poi, non tutte le tipologie di wallet avrebbero la medesima rilevanza ai fini fiscali, sebbene questa tesi non sia del tutto convincente. Sembra tuttavia prassi comune quella di tassare l’attività di prelievo dai wallet nei seguenti casi:
– Prelievo di valuta fiat dall’exchange; 
– Utilizzo la carta di debito collegata all’exchange; 
– Invio monete virtuali fuori dal mio wallet ad un destinatario terzo; 
– Acquisto di un NFT tramite piattaforme online.

Come si può facilmente comprendere ci sono ancora diversi punti interrogativi sul mondo fiscalità-crypto, proprio per questo è ancor più importante essere piuttosto prudenti in questo settore e tenersi costantemente aggiornati proprio per non incappare in errori grossolani che potrebbero portare al pagamento in sanzioni salate.

La confusione nasce dal fatto che la legge in Italia ha regolato il fenomeno delle criptovalute esclusivamente ai fini dell’antiriciclaggio, senza farlo in tutta la sua interezza, in attesa (forse) di una normativa europea. Il possesso di criptovalute deve essere dichiarato nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, cioè nel quadro che riguarda i beni posseduti all’estero. Si tratta di un semplice adempimento formale, che non comporta il pagamento di tasse o imposte, dato che secondo l’Agenzia delle Entrate “non è dovuta l’imposta sul valore delle attività finanziarie estere”. Infine, l’obbligo di indicare le criptovalute nel quadro RW è stato affermato per la prima volta dall’Agenzia delle Entrate a partire dal periodo d’imposta 2018, cioè nelle istruzioni relative alla dichiarazione dei redditi che doveva essere presentata nel 2019 per il periodo d’imposta 2018, e pertanto per le annualità precedenti vi sono ottime ragioni per sostenere che non sono irrogabili sanzioni.

3) Sanzioni


Un contribuente che non dichiara di possedere criptovalute potrebbe imbattersi in pericoli sanzionatori di differente entità. Essenzialmente si rischiano sanzioni pecuniarie che possono essere anche molto importanti. Per la mancata compilazione del quadro RW, dove vanno inserite le attività finanziarie e gli investimenti esteri, è prevista una sanzione fissa di 258 euro a patto che l’omissione venga sanata entro un termine massimo di 90 giorni dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi. Se però si sfora questo termine si passa a sanzioni molto più gravi, infatti vengono comminate sanzioni che vanno dal 3 al 15% degli importi non dichiarati. Per di più queste percentuali sono raddoppiate se le attività estere detenute dovessero essere localizzate in Paesi della Black List.

Detto ciò, dato che le norme fiscali in materia di criptovalute non sono sempre sufficientemente chiare e certe, il contribuente può contestare eventuali sanzioni ricevute. In effetti, nell’ordinamento odierno esiste una norma che mira a impedire che un contribuente subisca l’imposizione di sanzioni nel caso in cui commetta violazioni di norme fiscali dovute a gravi incertezze normative. L’art. 10 comma 2 dello Statuto del contribuente (L.n. 212/2000), infatti, stabilisce che non debbano essere erogate sanzioni quando una certa violazione dipende da quelle che vengono definiteobiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria”. Ed è innegabile il fatto che nell’ambito delle criptovalute le obiettive condizioni di incertezza ancora oggi sussistano visto che, sebbene il fenomeno esista ormai da diversi anni, in Italia in materia di fisco e tributi si è fatto ancora troppo poco.

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N.B. Se avete bisogno di supporto tecnico per comprendere il complesso mondo fiscalità-crypto, il team SuitUp in collaborazione con il Consulente Fiscale e del Lavoro RagPiattella Paola è a vostra completa disposizione. Di seguito vengono riportati i nostri contatti.


Dicci la tua nei commenti qui sotto e leggi l’articolo “NFT TASSE: Come pagare le tasse sui Non Fungible Token” su SuitUpBlog 🙂
Articolo redatto dal consulente digitale Leonardo Papaveri!

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