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Gli NFT sono ormai diventati a tutti gli effetti dei veri e propri asset digitali. Per questa ragione, è necessario pagare le tasse in tali beni digitali a certe condizioni. Vediamo in questo articolo quando e come pagare le tasse sugli NFT.  

1) NFT: Cosa sono e come funzionano


Nell’ultimo periodo, nel mondo dell’arte (e non solo) il tema di conversazioni più calde sono sicuramente i Non Fungible Tokens o NFT: creazioni d’arte digitale, ma anche opere fisiche trasposte su file, che vengono rese uniche attraverso l’applicazione della tecnologia blockchain. I Non Fungible Token (“NFT”), certificati “di proprietà” su opere digitali, sono considerati nella categoria concettuale dei valueless token, vale a dire quelle unità matematiche crittografiche la cui funzione si esaurisce nella loro titolarità e non hanno altra utilità che la loro “unicità”.

NFT tasse
Chi acquista un’opera legata a un non-fungible token non acquista l’opera in sé, ma semplicemente la possibilità di dimostrare un diritto sull’opera, garantito tramite uno smart contract
. Tutto comincia con una versione digitale dell’opera d’arte. Tipicamente, si usa una foto digitale o una sua documentazione filmata e salvata in formato digitale. Questa versione digitale non è altro che una lunga sequenza di numeri, 0 e 1 nel linguaggio informatico. Tale sequenza viene quindi “compressa” in una sequenza, chiamata hash, derivata da essa ma molto più corta, con un processo non invertibile conosciuto come hashing.

Il passo successivo è la memorizzazione di questo hash su una blockchain, con una marca temporale associata. L’uso di questi token ha aperto la strada a un mercato automatizzato di hash, in cui il creatore dell’hash può usare il token per aggiungere al suo interno il proprio hash e successivamente venderlo in cambio di un pagamento in criptovaluta, come per esempio la moneta ETH usata in Ethereum (per approfondire il mondo delle crypto clicca qui). L’NFT tiene al suo interno traccia delle vendite dell’hash, in modo che risulta possibile tracciare i passaggi di mano dell’hash, fino al suo creatore, quindi dimostrandone il possesso. Questo meccanismo fornisce quindi una prova di autenticità e, al contempo, di proprietà dell’opera.

2) NFT & Tasse: gli aspetti tributari da considerare


Innanzitutto, occorre chiarire, ad esempio, se le opere di “cryptoarte” possano essere qualificate come “opere d’arte” secondo le leggi tributarie italiane, che sembrano invece, allo stato attuale, presupporre il requisito della materialità e della originale “creazione” da parte dell’artista. Ad esempio, in una recente Risposta ad interpello (Risposta 2 settembre 2020, n. 303), l’Agenzia delle Entrate ha escluso che l’aliquota IVA agevolata potesse essere applicata a sculture create in serie da un artista attraverso l’utilizzo di una stampante 3-D, proprio perché tali oggetti non potevano essere, a parere dell’Agenzia, equiparate a opere d’arte. Simili incertezze riguardano anche gli obblighi di monitoraggio fiscale dei possessori di NFT. In via generale, infatti, un soggetto fiscalmente residente in Italia è tenuto a indicare nel quadro RW della propria dichiarazione dei redditi ogni eventuale “opera d’arte” detenuta all’estero e suscettibile di produrre redditi in Italia. Ma nel caso di un NFT, non è facile comprendere, almeno allo stato attuale, entro quali condizioni l’opera d’arte digitale (sempre ammesso che possa essere qualificata come tale) possa essere intesa come “posseduta all’estero”. Ad oggi, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta solamente in relazione al trattamento fiscale dei fungible tokens, ad esempio gli “utility tokens” (tokens fungibili che riconoscono il diritto di utilizzare determinati prodotti o accedere a determinati servizi – es. monete digitali). Ma nessun chiarimento è ancora stato diffuso relativamente al caso specifico di NFT collegati a opere d’arte digitale.

blockchain
Tuttavia, la tematica si fa più chiara nel caso in cui gli NFT vengano utilizzati come asset finanziario di scambio, dunque per investimento puro e semplice. Infatti, per gli investitori di NFT, le tasse funzionano in modo molto simile al trading di criptovalute (clicca qui per saperne di più). In tal senso, i profitti derivanti dalla vendita degli NFT sono soggetti alle norme fiscali sulle plusvalenze (26%). È di tutta evidenza, infine, che il Legislatore e gli operatori del mercato dell’arte si trovano davanti alle nuove sfide imposte dal progresso tecnologico. Il mercato degli NFT è solamente agli inizi e siamo certi che i legislatori dei vari Paesi faranno maggiore chiarezza sulle tematiche legali e fiscali che ne derivano dato l’attuale buco normativo.

3) Conclusioni


Come indicato nel precedente paragrafo, il legislatore attualmente si è espresso solamente in merito ai cosiddetti fungible token lasciando di fatto ancora scorta la disciplina dei non-fungible token. Per questa ragione, è prassi condivisa dai migliori esperti del settore rifarsi alla disciplina generale trattando di fatto gli NFT come dei veri e propri beni immateriali (per l’appunto beni digitali), per i quali la legge prevede nel caso concreto degli NFT 3 specifiche principali.

  • 1° Caso – COLLEZIONISMO: Ci troviamo nella specifica in cui un soggetto acquista un NFT non con scopo di lucro ma piuttosto con il pretesto del “diletto”, quindi l’oggetto digitale in questione viene comprato per puro piacere personale una tantum e non per generare dei profitti. In questo caso, ci troviamo nella fattispecie del collezionismo nella quale si acquista un bene con l’idea di tenerlo a lungo termine. Naturalmente, se dopo anni di possesso il soggetto in questione decidesse di rivendere l’NFT in modo del tutto unico e sporadico gli eventuali ricavi derivanti dalla vendita non sono in alcun modo tassati. Zero tasse da pagare.
  • 2° Caso – OCCASIONALE: Fattispecie diversa invece è quella dell’attività occasionale, la quale prevede che un soggetto acquisti NFT di tanto in tanto con l’obiettivo di rivenderlo e ricavarne dei profitti in modo per l’appunto occasionale. Questa casistica viene normata dalla legge come “attività occasionale” per la quale si dovranno ahimè pagare le tasse. Nel dettaglio, i redditi derivanti dalla vendita degli NFT dovranno essere indicati nel quadro RL della dichiarazione dei redditi e sono tassati secondo l’aliquota marginale (no 26%) in base dagli scaglioni IRPEF (+ la gestione separata INPS). La percentuale varierà di soggetto in soggetto sulla base dalla sua aliquota fiscale. Non c’è l’obbligo di apertura della partita IVA.
  • 3° Caso – ATTIVITÁ D’IMPRESA: Infine, l’ultima specifica possibile è quella di colui il quale compra/crea e poi rivende NFT in modo ricorrente, non occasionale, ma piuttosto continuativo e organizzato. Infatti, nel compiere la propria attività di vendita ci si è anche organizzati con degli strumenti/personale che ci aiutano nell’attività. Basti pensare a collaboratori o a piattaforme come siti web, social network o altri strumenti simili che supportano il venditore con le sue operazioni continuative. Questa terza possibilità è considerata dalla legge una vera e propria attività d’impresa, la quale prevede in ogni caso l’apertura di una PARTITA IVA. Di seguito indichiamo le 2 principali casistiche:
    • CREATORE: Soggetto che crea in modo prevalentemente autonomo gli NFT e poi li vende nelle piattaforme dedicate. La qualifica da indicare in dichiarazione dei redditi è quella di “artigiano” dato che ci si occupa della produzione degli NFT. Il codice ATECO dà utilizzare per la P.IVA è quello relativo al “commercio elettronico” il 47.91.10. ed è previsto dalla legge il regolare pagamento degli obblighi IRPEF e INPS. Le somme ottenute saranno iscritte nel quadro RT per indicare plusvalenze di natura finanziaria.
    • SPECULATORE: Soggetto che acquista gli NFT sulle piattaforme online specializzate come Opensea o Binance per poi rivederli al miglior offerente. La qualifica da indicare in dichiarazione dei redditi è quella di “commerciante” dato che ci si occupa pura compra-vendita degli NFT. Il codice ATECO dà utilizzare per la P.IVA è quello relativo al “commercio elettronico” il 47.91.10. ed è previsto dalla legge il regolare pagamento degli obblighi IRPEF e INPS. Le somme ottenute saranno iscritte nel quadro RT per indicare plusvalenze di natura finanziaria.

Da non dimenticare tuttavia, il fatto che l’acquisto di NFT è a tutti gli effetti, secondo questa impostazione giuridica, un prelievo dal wallet, il che significa portare a tassazione del 26% il controvalore in euro del prezzo di acquisto. Ovviamente se hai wallet sopra giacenza. Questo valore andrà comunque sempre tassato.

N.B. Se avete bisogno di supporto tecnico per comprendere il complesso mondo fiscalità-Crypto/NFT, il team SuitUp in collaborazione con il Consulente Fiscale e del Lavoro RagPiattella Paola è a vostra completa disposizione. Di seguito vengono riportati i nostri contatti.


E tu hai già investito negli NFT? Hai considerato dunque di pagarci le tasse? Dicci la tua nei commenti qui sotto e leggi l’articolo “TASSE CRIPTOVALUTE: Come pagare le tasse sulle Crypto in Italia?” su SuitUpBlog 🙂
Articolo redatto dal consulente digitale Leonardo Papaveri!

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